Le "mie" Identità golose #2

lunedì, febbraio 07, 2011

Lunedì, secondo giorno di “Identità golose”. Ormai il ghiaccio è rotto,il tragitto è noto, arrivo alla Fiera con comodo, la giornata si preanuncia ricca di appuntamenti.

Decido di iniziare dall'Auditorium dove Gino Sorbillo , Luigi Dell'Amura e Simone Padoan parleranno di pizza.

La pizza che racconta storie d'Italia, fatta di tradizione familiare per i Sorbillo e Dell'Amura, ma anche studio, innovazione e voglia di realizzare qualcosa di nuovo come nel caso di Padoan. La pizza che unisce con un ipotetico filo rosso, il nord al sud, e che trova tutti concordi nel dire che questo piatto dev'essere veicolo di autenticità. Troppo spesso, ci si dimentica di cosa si mette sulla pizza. Si pensa a strane alchimie di lievito, farina, ma la cosa importante sono i prodotti utilizzati per farcirla, il S. Marzano fresco, il fiordilatte buono, il basilico più profumato.
 
La mattinata prosegue in sala grande con Mauro Colagreco . Italo-argentino, francese di adozione, gestisce il suo ristorante a Mentone, a pochi chilometri dal confine italiano.



Colagreco cura personalmente il suo orto terrazzato, posto vicino ad un bosco, da cui ottiene le verdure che utilizza per le sue preparazioni.
La sua cucina è ispirata dalle verdure dell'orto. In ogni piatto cerca d'inserire il paesaggio che lo circonda. Alla platea di “Identità Golose” propone un risotto di quionoa, cereale delle Ande, con verdure invernali.
Mi affascina il modo in cui Colagreco utilizza tutto ciò che la natura offre, come ad esempio il muschio, che raccoglie al limitare del suo orto. Il muschio viene lavato bene con l'aceto e poi messo in infusione, assieme a dei funghi affettati, nel latte caldo. Dopo il riposo il latte viene filtrato e l'emulsione ottenuta viene utilizzata per dare personalità al piatto ed evocare, ancor di più il paesaggio, dei mesi più freddi.
Il piatto è ricco di contrasti, verdure cotte, crude, morbide, croccanti. Le chips di buccia del topinanbur vengono fritte e serviranno a rappresentare le foglie secche, che cadono nell'orto con il vento invernale, conferendo al piatto un'immagine molto poetica.



E' il turno di Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana di Modena, grande anfitrione di questa edizione della manifestazione.



Il suo ingresso è accolto con applausi scroscianti. Lui, sicuro di sé, scherza con i fotografi, poi prende la parola, in una platea gremita, con molte persone in piedi e altre persino sedute per terra.



Tutti in religioso silenzio, ad ascoltare il suo intervento, solo un lieve brusio arriva, da lontano, tra chi indugia nel foyer.
Un intervento ben strutturato in cui Bottura parla di valori che, dice, sono necessari per evolversi.
Mi piace il suo modo di guardare al passato, un passato che deve aiutare a crescere, senza trascinarci nella nostalgia, ma che sia la base per migliorare e andare avanti.
Bisogna andare a cercare la verità nei nostri piatti, recuperare i vecchi gesti come ad esempio quello di frollare la carne. Un bollito ad esempio non può essere fatto solo con le parti nobili, e sono questi gli aspetti importanti da recuperare.
Proprio dalla frollatura prende spunto il suo piatto, la “Lepre al Civet”, una concentrazione di sapori al naturale. La carne di lepre viene frollata e mantecata con foie gras, vaniglia e schiuma di caffè. Il Civet, originariamente una salsa di sangue e frattaglie e vino rosso, viene sostituito con succo di rapa rossa, e aromi (pino, resine, prezzemolo... ).
Il piatto proposto è forse un po' distante dal mio gusto, ma è una vera opera d'arte, una tavolozza colorata come un quadro, che dovrebbe immortalare la lepre nel momento in cui viene colpita dal cacciatore.


Lo chef conclude il suo intervento evidenziando ancora una volta l'importanza del rapporto con gli artigiani, un rapporto di fiducia e collaborazione cui non si può prescindere, e quello con la brigata di cucina senza la quale non si va da nessuna parte. Bottura si accomiata lanciando il suo video, un video che è la quintessenza del “Lusso della semplicità”, tema su cui ruota la manifestazione. Le immagini raccontano storie semplici, storie di contadini, che, come dice lui, riescono a vivere con niente. Storie di un Italia non molto lontana, in cui al vuoto dei piatti si contrapponeva la pienezza del gusto, e si suppliva con la convivialità, storie che a mio modo di vedere non dovrebbero mai andare dimenticate.
Nel pomeriggio l'attenzione si concentra su Claudio Pregl e Andrea Paternoster, una lezione molto interessante sul “Mielolio”.


Frutto della collaborazione tra Paternoster (produttore di miele) e Claudio Pregi, chef del ristorante di famiglia, la Baita S. Lucia da “Fritz” a Bezzecca, sulla sponda trentina del lago di Garda, il “Mielolio” è un'emulsione di miele e olio extravergine d'oliva.


Il miele viene montato con l'olio fino ad ottenere una crema morbida.
Il prodotto è naturale, senza additivi stabilizzanti, assolutamente genuino e viene proposto in due assaggi, con il pesce e con la "carne salada", ricette che non tarderò a provare...

La giornata si conclude con Magnus Nilsson, cuoco 28enne, arrivato negli ultimi mesi all'attenzione internazionale. Un piccolo ristorante il suo, solo 12 coperti, ma una grandissima tenuta di 4000 ettari, tutto quello che prepara viene coltivato e cacciato là.


Ancora una bella figura sul palco di "Identità golose", la semplicità di un ragazzo che sale senza grandi presentazioni, e tranquillo organizza il suo “set” con gesti calmi e familiari. Musica ad accompagnare il suo allestimento e un video, che propone le immagini della natura in cui è immerso il suo ristorante.
Magnus ha un sorriso e una faccia simpatica, che ti conquistano subito. Racconta del suo paese, una terra dura, in cui la neve copre qualsiasi cosa da ottobre ad aprile, e rifornirsi di prodotti freschi diventa un'utopia.
Da qui l'esigenza di conservare, quanto più possibile, le verdure coltivate nel suo orto durante l'estate. Magnus recupera così tecniche antiche di conservazione: mette sott'aceto, interra le verdure. Il porro ad esempio, viene conservato fino alla primavera successiva, in secchi di sabbia a una temperatura di poco superiore allo zero.
E' un gran lavoro di coltivazione, pianta tutti gli anni tra le 50-80 verdure, che poi conserva fino alla stagione successiva.
I piatti realizzati sono semplici: porri estivi con formaggio fresco, verdure cotte alla brace con panna all'aceto di birra fermentata, tartare di manzo mescolata con il midollo (il grosso osso della foto è stato segato in diretta con una sega da falegname) servita con verdure e pane scuro.
Ancora una volta la semplicità, il recupero della tradizione e l'amore e il rispetto per la natura.

A breve il resoconto dell'ultima giornata....



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4 colazioni a letto

  1. bellissimo reportage Sabri, complimenti !

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  2. ciao! ... mi volevo congratulare per il tuo blog, sono diventata una tua follower.
    vieni a trovarmi nel mio nuovissimo e casareccio, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
    a presto

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  3. Stefania, Chiara, Manuela grazie a tutte. Manuela grazie anche per i complimenti e sono contenta ti sia unita ai miei sostenitori, adesso passo a farti una visita!

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